In occasione del 60° anno di sacerdozio di Don Silvano, per ringraziarlo del suo prezioso servizio sacerdotale alla Parrocchia e Comunità di Romano Banco, ci è sembrato giusto condividere una splendida intervista realizzata da Carlo Viscardi per Si o No Magazine, in occasione dei suoi precedenti 50° anni di sacerdozio.
La parrocchia di Romano Banco in Buccinasco ha festeggiato don Silvano Bonfanti per i cinquant’anni di sacerdozio e per i vent’anni di servizio come parroco. Dal 25 al 27 febbraio è stato un susseguirsi di celebrazioni, d’incontri, anche conviviali, che hanno raccolto un popolo numeroso attorno alla sua guida. Abbiamo voluto sentire lui, chiedergli il perché di una festa e come l’ha vissuta.
Lo trovo nello studio, la scrivania completamente coperta di carte, di fogli scritti a mano…
qua e là s’intravvede anche qualche biglietto da 50 euro. E’ soltanto l’ultima “sfornata” dell’urna, che si trovava in chiesa e che veniva svuotata ogni giorno, dove la gente ha messo le lettere per don Silvano o le offerte per l’Oratorio nuovo, come lui stesso ha chiesto come regalo.
Don Silvano ne sbircia qualcuna mentre risponde alle domande.
Come ha vissuto la festa e perché una festa per i suoi 50 anni di sacerdozio?
Il mio primo atteggiamento è di gratitudine e di stupore. Mi viene in mente quello che ha detto la mia mamma quando ha saputo che volevo farmi prete: “Che cosa ho fatto di buono per meritarmi questa Grazia?” E’ la stessa domanda che mi faccio io da cinquant’anni, da quando sono prete, e che questi giorni di festa hanno nuovamente riproposto.
Il motivo per cui mi sembrava giusto far festa era per sottolineare che il prete è innanzitutto per l’Eucaristia, per questo ho voluto quella bellissima mostra “Oggi devo fermarmi a casa tua” che è esposta nella chiesa antica e che invito a visitare.
La festa è stata anche l’occasione per sentirmi solidale con i problemi della gente cui l’Oratorio è sicuramente una risposta: per questo ho voluto che il vero regalo per me fosse un significativo contributo per ridurre il debito che la costruzione del nuovo Oratorio ha richiesto. Così è stato e ringrazio.
Ho sentito questa festa come una vera festa di popolo, con la partecipazione dai bambini piccoli, ai ragazzi, ai giovani, alle famiglie.
Mi ha commosso la presenza dei tanti preti; sono grato per l’amicizia e la compagnia che ci facciamo come preti e mi pare una testimonianza di unità per la gente. E sono sorpreso perché tante amicizie donate – agli amici preti dell’Africa o a quelli della Romania – sono segno d’internazionalità della Chiesa, anche qui da noi.
Quali sono le cose che considera più decisive nella sua vita di prete?
Come ho avuto occasione di dire nell’omelia della Messa solenne della festa, penso di poter dire che ci sono tre amori che conducono la mia vita: l’amore a Cristo che mi ha chiamato a seguirlo dentro una storia di famiglia e di oratorio che ha facilitato la risposta; la devozione alla Madonna cui sono stato educato ancora nell’ambito familiare e, infine, una passione per gli uomini che incontro con i loro bisogni, avendo un’attenzione privilegiata alla sofferenza nelle sue varie forme.
Questi “amori” sono cresciuti negli anni e questo mi rende lieto di essere prete oggi, dopo tanti anni, più di quanto già lo fossi all’inizio.
Che cosa si aspetta ora dalla vita?
Non ho altro desiderio che di essere disponibile per il servizio alla Chiesa, facendo il parroco, finchè lo sarò, lavorando per l’unità delle due parrocchie, quella di Romano Banco e quella di Maria Madre della Chiesa, come mi è stato chiesto dall’Arcivescovo (da settembre del 2010, con le dimissioni di don Giovanni da parroco nel rispetto delle regole ecclesiastiche, don Silvano ha assunto anche le funzioni di amministratore della parrocchia Maria Madre della Chiesa N.d.R.). Dopo mi piacerebbe continuare a servire come fece don Stefano che rimase tra noi dedicandosi alle confessioni e agli ammalati. Ma sarà come il Signore vorrà.
E alla sua gente che cosa vorrebbe dire oggi?
La cosa cui tengo maggiormente è che si continui a sostenere la centralità della famiglia nell’educazione e che i genitori in primis si dedichino fattivamente all’educazione dei ragazzi nella catechesi e nell’oratorio.
Inoltre confido che cresca la capacità di accogliere le diverse umanità che sicuramente il futuro ci presenterà con i crescenti arrivi di stranieri.
La chiacchierata giunge al termine. Squilla il telefono, è don Giovanni che chiede a don Silvano se ci sono ancora i suoi amici preti africani o rumeni. “No, sono già partiti”. Don Giovanni, in partenza per alcuni giorni, sta cercando un sostituto per la Messa che domenica dovrebbe celebrare dalle suore di Madre Teresa a Baggio. “Ma ci vado io! –si offre prontamente don Silvano – desideravo da tempo incontrare questa comunità”.
Questo è don Silvano, disponibile sempre ed entusiasta come un prete novello.
Carlo Viscardi
*Per gentile concessione di Si o No Magazine